Il ruolo della Cina nel processo di disarmo nucleare
- taiview
- 19 ott 2014
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Il 16 ottobre del 1964 sul fondo del lago asciutto Lop Nur nello Xinjiang, la Cina condusse il suo primo test nucleare. Esattamente 50 anni fa la Cina divenne il quinto membro del "club nucleare" dopo Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna e Francia.

Oggi, secondo gli analisti, la Cina è la terza più grande depositaria di armi nucleari ed è l'unica grande potenza che aumenta costantemente il suo arsenale strategico.
Le autorità cinesi non pubblicano dati ufficiali sul proprio arsenale nucleare. Secondo la maggior parte degli esperti militari, attualmente la Cina possiede circa 250 testate nucleari. Nel 2004, il Ministero degli Esteri cinese ha dichiarato che l'arsenale nucleare della Cina è il più piccolo di tutte le cinque potenze nucleari ufficiali. Ciò significava che avevano meno testate del Regno Unito che all’epoca ne contava 225. Si supponeva che la Cina ne possedesse meno di 200. Così è stato dimostrato il graduale aumento dell'arsenale che continua a crescere anche oggi.
Molti esperti sottolineano che il processo di disarmo dovrebbe essere più inclusivo e pertanto coinvolgere non solo gli Stati Uniti e la Russia, ma anche le altre potenze nucleari, in particolare la Cina. Tuttavia la Cina continua ad astenersi dal partecipare a tali negoziati. In questo caso, la posizione ufficiale di Pechino è semplice: sarà disposta a negoziare una limitazione di armi strategiche solo dopo che Stati Uniti e Russia ridurranno praticamente le loro.
Aleksej Arbatov, accademico e tra i maggiori esperti russi in materia di relazioni internazionali, ritiene che l’astensione della Cina dal processo di disarmo comprometta seriamente il regime di non proliferazione:
"Non possiamo dare forza al regime di non proliferazione, noi insieme a Stati Uniti ed altre grandi potenze, se non seguiamo la via della riduzione delle armi nucleari. Ciò è quanto sancisce l'articolo 6 del trattato di non-proliferazione delle armi nucleari (TNP) secondo il quale le potenze nucleari firmatarie si impegnano a seguire la via del disarmo nucleare in cambio di un impegno degli Stati non nucleari a non sviluppare questa tipologia di armi. Per quanto per molti anni tutte le potenze nucleari hanno disatteso tale obbligo, il TNP ha cominciato a sfibrarsi e ciò per la sicurezza globale è molto inquietante.
È chiaro che il fallimento del regime di non proliferazione potrebbe portare a conseguenze estremamente negative nel quadro di una determinata regione e conseguentemente per il mondo intero. Non si può non pensare a quali terribili conseguenze potrebbe trovarsi tutto il mondo, se le armi nucleari dovessero entrare nella disponibilità di organizzazioni terroristiche. In questo contesto l’adesione della Cina al dialogo sul disarmo nucleare sarebbe senza dubbio utile.
Nel frattempo, gli esperti concordano che ora è difficile per la leadership cinese l’adozione di “soluzioni rivoluzionarie”. La Cina è preoccupata per le capacità nucleari dell’India che non è firmataria del TNP. La stessa Corea del Nord, uno Stato costantemente fastidioso e vicino di casa della Cina, non rientra nel trattato. Il possesso di armi nucleari per la Cina è un deterrente per evitare un intervento militare degli Stati Uniti in un possibile conflitto con Taiwan. Quindi, per il "riavvio nucleare" occorre un riavvio generale dei rapporti tra Pechino e Washington, ma ciò equivale alla rinuncia, da parte degli Stati Uniti, alla politica di contenimento nei confronti della Cina. E questo obiettivo, a quanto pare, è molto lontano.
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